Indietro Le Piccole Utopie: Monte Verità

Da Irene Bignardi (Estratto): Edizione Feltrinelli Milano 2003

" ... Cominciò così. Un gruppo di persone che si erano incontrate nell’estate 1899 nella colonia vegetariana e naturista dello svizzero Arnold Rikli … si trovarono bene insieme, si espressero reciprocamente il disagio di vivere in un’Europa così difficile e materialista, e decisero di fondare una loro colonia ideale, in cui la semplicità e la naturalezza della vita savrebbero marciato fianco a fianco con gli ideali di uguaglianza e libertà dalle regole della società borghese.

Henri Oedenkoven … Ida Hofmann …Karl Gräser ... poi Jenny, sorella di Ida. E si aggiunge al gruppo il fratello di Karl, Gustav detto Gusto, che faceva il pittore ed era bravo con le mani, oltre ad essere il più stravagante di tutti, e il teorizzatore di un torno radicale alla terra. …

Un giorno i Gräser annunciarano di aver trovato il posto giusto. …

C’erano alcune contradizzioni nell’ideologia del gruppo, prontamente notate dai critici interni ed esterni. I soldi di Henri Oedenkoven, o meglio dei suoi genitori, erano sì alla basa di un sogno ugualitario ma, osservano i critici, servivano anche per comprare il lavoro di quelli che erano un po’ meno uguali, gli operai e gli artigiani della zona di Ascona e Locarno. E se la costruzione della colonia procedeva speditamente, si obiettava, era anche grazie a questi aiuti “mercenari”.

In realtà il vero ideologo del gruppo – o, per dirla in maniera meno alta, la persona che più radicalmente coltivava il sogno di una vita alternativa, di un utopica communità di uguali che doveva rompere con tutti i compromessi e i costumi borghesi – era anche il personaggio più difficile e orginale di tutti loro: Gustav Gräser; predicatore, scultore e pittore, oltre che creatore dei più bizzari e affascinanti pezzi del mobilio di Monte Verità. Tanto è vero che, di fronte all’attegiamento di Henri Oedenkoven, che gli sembrava preludere a un veloce ripiegamento ideale, e di fronte alla creazione di qualcosa che ai suoi occhi pareva una semplice casa di cura nel nome del sole, “Gusto” si staccò dagli altri.

Un po’, veramente, lo distaccarono, perché Gusto tendeva a comportarsi in maniera bizzarra e scoretta, in modo tale, ritenevano gli altri, da compromettere il buon nome della colonia. Per fortuna arrrivò a risolvere parzialmente il problema il comune di Losone, che gli affittò un podere in cui Gusto andò a vivere una vita da vero eremita in una specie di grotta. E sarà lì, nel suo ashram ticinese, che anni dopo lo incontrò, ormai vecchio, Hermann Hesse, calato nel meridione dal Nord per combattere “con il sole e i prodotti vegetali” un alcolismo che lo uccideva. E fu lì che Hesse pensò di scoprire nella signora Elisabetta, moglie di Gusto, il prototipo della Grande madre terra, una figura e un’idea di cui molti discutevano in quegli anni da quelle parti, tanto da fare di Ascona il santuario “intellettuale” del suo culto. …

Ecco dunque sorgere, di fronte alla visibile diversità della colonia, il quesito, il busillis, l’interrogativo sui suoi fondamenti: Monte Verità doveva essere considerato, come lo vedevano alcuni laggiù nel borgho, una colonia comunista? Era il sanatorio naturista che voleva Henri Oedenkoven o qualque cosa di più, come avrebbe voluto invece Karl Gräser e ancor di più Gusto, qualcosa di viccino alla colonia “etico-sociale-vegetariano-comunista” che descriveva all’inizio Mühsam … ? O Monte Verità era, come lo vedevano altri, più sensibili ai dati folkloristici e meno alla questione ideologica, una banda di “balabiott”, parola che avrebbe poi avuto un grande successo per designare dei matti tendenti un po’ allo scemo, ovverosia gente strana che ballava nuda o seminuda, mangiava male e non riscaldava le sue casette fatte a mano? Era una pericolosa culla di libero amore – idea che condivideva anche la mamma di Henri Oedenkoven … ? Era un centro di orge e di riti satanici? Le risposte sono tante …

Che cosa succedeva nella colonia [?]. E cioè che vi si pratica un ideale di vita libera e sana, improntata a una visione ugualitaria, e che da questi due punti fermi nasceva una diversa e più ricca concezione del mondo. …

L’ideologia di Monte Verità va vista, agli inizi, come un’alternativa sia a quella del capitalismo sia al comunismo: un’ideologia, o un’utopia, semplice, basata sull’ideale di una comunità paleochristiano-comunista, o di un socialismo primitivo associato al sogno di una vita naturale. Un’idea che qui a Monte Verità si mescolerà presto a un antico culto della Madre terra, almeno secondo quello che venne sostenuto da molti, osservatori e protagonisti. Un’idea presto tradita proprio per le confuse idee degli inizi, che fondevano due diverse aspirazioni, una più estrema e anarchica (quella dei Gräser; di Mühsam), e una più semplice e meno rivoluzzionaria, quella di Ida e di Henri. …

A conti fatti, la cosa più facile da misurare e valutare del Monte Verità, più che l’ideologia, è la pratica: quella della vita comunitaria, della semplicità, di una frugalità tolstojana, della libertà del corpo che si traduceva nella danza al chiar di luna, nei bagni insieme, ciascuno nella sua vaschetta allineata accanto alle altre all’aperto, nei capelli lunghi che scandalizzavano e/o stupivano i ticinesi, nella libertà sessuale …

In tutta l’Europa curiosa di queste cose – di Lebensreform, di pratiche mediche alternative, di movimenti innovatori, di critica alle istituzioni – si diffondeva dunque la buona novella che a Monte Verità, Ascona, Svizzera, si stava sperimentando una forma di vita nuova. …

Monte Verità, anche se era ormai lontano dalla forma ideale sognata dai Gräser e da Mühsam, restava tuttavia … un luogo di compensazione … e cioè dal sale dell’irrequietezza e dall’incapacità di accettare il mondo così com’è. ..."

Da: Irene Bignardi: Le piccole Utopie. Milano 2003, pp. 59-74

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